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Dopo la fine della transizione

Dopo la fine della transizione - Pierluigi Natalia

  

Incertezza

  

somala

  

  

13 settembre 2012

Miscellanea 2011 - 2012 (3)

Miscellanea 2011 - 2012 (3) - Pierluigi Natalia

 

  

  

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Miscellanea 2011 - 2012 (2) - Pierluigi Natalia

 


  

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Miscellanea 2011 -  2012 (1) - Pierluigi Natalia

 

  

  

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Gli aiuti umanitari nel mirino dei belligeranti

Gli aiuti umanitari nel mirino dei belligeranti - Pierluigi Natalia

L’arma

 

della fame

 

in Somalia



Di Pierluigi Natalia
Fermare la guerra in Somalia è una condizione indispensabile per consentire di prestare soccorso alle popolazioni stremate, quelle in più gravi condizioni in tutto il Corno d’Africa, dove la carestia sta mettendo a rischio la sopravvivenza di dodici milioni di persone. In questo senso sembra da leggere anche l’offerta di amnistia fatta questa settimana dal Governo del primo ministro Abdiweli Mohamed Ali alle milizie radicali islamiche di al Shabaab, che guidano l’insurrezione contro le istituzioni somale, internazionalmente riconosciute, con al vertice il presidente Sharif Ahmed. La decisione di offrire l’amnistia è stata presa durante una riunione tenuta domenica dal Governo somalo per discutere sulla sicurezza a Mogadiscio, dopo che il giorno prima le milizie al Shabaab si erano ritirate dalle zone della capitale che avevano occupato negli ultimi anni.

Nonostante tale ritiro, il comando dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, ha chiesto rinforzi. Ciò sembra confermare come quello di al Shabaab sia solo uno degli aspetti della questione, in un Paese nel quale il controllo degli aiuti internazionali è uno dei principali strumenti di potere e la fame stessa diventa un arma da brandire. È vero che il gruppo radicale islamico, pur contando su meno di tremila uomini armati, secondo l’opinione concorde di molti osservatori, è riuscito a imporre negli ultimi anni la propria autorità su vaste zone della Somalia. Ma lo ha fatto soprattutto operando nelle maglie dei complessi rapporti tra i clan somali e tra i diversi soggetti internazionali coinvolti a vario titolo nella crisi del Paese.

Le uniche ipotesi fatte tanto dal Governo somalo quanto da altre fonti, compresa l’Amisom, sul fatto che gli scontri a Mogadiscio siano proseguiti anche dopo il ritiro delle milizie di al Shabaab, sono state quelle di sacche di resistenza lasciate dagli islamisti Tuttavia, non pochi osservatori lo considerano la conseguenza di un riposizionamento dei clan somali. Del resto, un avallo indiretto a questa opinione sembra venire dal fatto che gli scontri armati, dopo settimane di sostanziale tregua, si sono riaccesi in concomitanza con l’avvio dei ponti aerei internazionali per portare cibo e altri generi di prima necessità. Proprio intorno agli aiuti internazionali, infatti, si sviluppa da sempre una sorta di economia parallela nella guerra tra i diversi clan somali che si protrae, con diverse fasi e modalità, da un ventennio.

Anche per questo, resta tutta da verificare la capacità del Governo somalo di riassumere il controllo di Mogadiscio e l’efficacia delle misure che ha annunciato. Tra queste c’è l’immediata creazione di un’unità speciale all’interno delle forze di sicurezza somale che dovrà garantire l’ordine nelle aree lasciate libere dai miliziani di al Shabaab fino a quando la polizia somala ne prenderà il controllo. Anche sulla questione della distribuzione degli aiuti il Governo ha promesso che non si ripeteranno episodi come quello della scorsa settimana, quando diverse persone sono state uccise in uno scontro a fuoco tra soldati governativi e un gruppo di uomini armati che hanno assaltato un camion con aiuti umanitari nel campo di sfollati di Badbaado nel distretto di Dharkenlay, nella parte meridionale della capitale somala. Il Governo ha cioè assicurato che verrà rafforzata la sicurezza degli operatori umanitari in modo che possano portare cibo e altri aiuti agli sfollati senza subire attacchi.

Questo, però, è un altro degli aspetti sui quali non ci sono certezze se non quella che, al momento, la maggior parte del materiale arrivato resta accatastato all’aeroporto di Mogadiscio, controllato dalle truppe dell’Amisom. Farlo arrivare ai profughi e al resto della popolazione stremata è un altro discorso.

L'Osservatore Romano 12 agosto 2011)