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Parole chiare e parole chiave

7 settembre 2024

«Non si può pensare che l’economia abbia bisogno delle banche», intese come banche d'affari, perché farlo equivale a un «errato sistema economico che ha dimenticato l’uomo e la sua dignità». Sono parole chiare in giorni in cui alla politica si richiederebbero parole chiave.   Perché in questi tempi di incertezza e persino di non speranza nel futuro c'è necessità di discernere il bene dal male non solo nei comportamenti personali, ma anche nell'analisi del contesto storico che attraversiamo e delle vicende che impongono alla nostra vita direzioni e condizioni spesso incontrollabili. C'è bisogno, cioè, di visione e di idealità, che è cosa diversa dalla degenerazione ideologica di qualunque segno.

Ma quelle parole, non sono della politica. Le pronunciò infatti un vescovo italiano, Mario Toso, oggi alla guida della diocesi di Faenza-Modigliana, diversi anni fa, quando era segretario (numero due) del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, un dicastero vaticano. A tanti sedicenti laici – in realtà anticlericali in ritardo sulla storia -  farebbe bene ascoltarle. E magari uscire dallo schema di una presunta corrispondenza tra identità cattolica e collocazione politica tra i sedicenti difensori del trinomio Dio, Patria, Famiglia. Perché oggi c'è bisogno di un riformismo autentico, di sistema e non solo di contingenza, un riformismo capace di essere radicale sulle basi della convivenza civile.  E in questo i cattolici non possono essere meno determinati di tanti presunti progressisti.

«Se non sono gratuiti   i sistemi economici e il bene comune diventano un male pubblico. Se c'è una cosa che caratterizza il sistema finanziario e monetario moderno è che è diventato una forma di capitalismo addirittura più retrivo di quello dell’800. In quel periodo, infatti, le persone erano cose, oggi, invece, sono addirittura ignorate». Anche queste sono parole del vescovo Toso.  E ancora: «La crisi economica che stiamo vivendo non è quella tempesta leggera e momentanea che ci si vuole proporre, ma appare senza fine e rimarrà tale, perché è soprattutto di tipo entropico. Occorre cessare la speculazione che si fa dell’uomo e della società e aprire le coscienze all’attuazione di sistemi finanziari che si basino sul concetto di democrazia».

Per opporsi alla finanza speculativa che non conosce confini, né teme più di tanto controlli a livello statale, occorre un salto di qualità anche nel ripensare le istituzioni cosiddette di Bretton Woods (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale). Queste infatti hanno progressivamente perso il mandato e la vocazione universale di garantire uno sviluppo economico adeguato in modo da ridurre le situazioni di povertà e di disuguaglianza, che anzi hanno in non pochi casi aggravato. Lo stesso discorso può farsi sul piano dei consessi governativi. Per esempio, il G20 è certamente un passo in avanti rispetto al precedente G8, oggi G7 con l’espulsione della Russia, ma non può essere ritenuto rappresentativo di tutti i popoli e manca di una legittimazione e di un mandato politico democraticamente controllabile. E meno ancora, in questo senso, conta il G7.

L'uscita dalla crisi mai davvero affrontata richiede determinazione nel perseguire gli obiettivi, compreso quello di restituire alla politica il suo primato sull’economia e sulla finanza, per ricondurre queste ultime alle loro reali funzioni, prima tra tutte quella sociale.

Il primo passo potrebbe e dovrebbe essere la tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque, ma modulate con oneri proporzionali alla complessità delle operazioni, soprattutto in quelle che si effettuano nel cosiddetto mercato secondario, meno trasparente. Le risorse di una tale tassazione andrebbero destinate a promuovere lo sviluppo globale e sostenibile, secondo principi di giustizia sociale e di solidarietà.

Ma soprattutto è necessario un impegno a separare le banche in senso proprio e società finanziarie speculative, riservando solo alle prime il sostegno pubblico, dietro obbligo di uscire dai sistemi di finanza tossica. Se un compito ha oggi la politica, un compito che interpella tutti, ma in particolare l’Europa e in essa l’Itali, chiamate a ricordare la loro identità fondante di culla dello Stato sociale, è quello di esprimere una volontà reale di condizionare il sostegno pubblico alle banche, anche con forme di ricapitalizzazione, a comportamenti virtuosi per sviluppare l’economia reale. Cioè di non consentire più che siano solo o principalmente il denaro, la cupidigia, il falso mito del mercato a determinare il destino dei popoli.

L'Africa del Dio diviso

Cos’è peccato?

20 agosto 2024

Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, qualche giorno fa al Meating di Rimini, ha detto in sintesi, tra l’altro, che gli interessi sul debito pubblico italiano equivalgo più o meno alla spesa nazionale in istruzione e ha aggiunto o che per ridurre tale debito è indispensabile aprire le frontiere a milioni di lavoratori immigrati. Non credo di forzare la notizia se mi spinge a qualche considerazione su un tema che esula gli aspetti strettamente contabili, quello del peccato, di solito non troppo approfondito negli strumenti di comunicazione per l’opinione pubblica.  Peccato è una parola difficile da definire. In generale potremmo dire che secondo tutte le grandi religioni è ciò che contrasta il progetto di Dio per l’uomo. Per quanti – e soprattutto nei Paesi dell’opulenza – religiosi non sono, potrebbe sintetizzarsi nell’egoismo di chi fa pagare ai più deboli i propri privilegi. Nella definizione della dottrina della Chiesa cattolica i peccati sono “catalogati” in diverse categorie. In questa sede limitiamoci a contestualizzare nella realtà attuale i quattro che secondo la Chiesa gridano vendetta – o meglio le cui vittime gridano vendetta – al cospetto di Dio.  Sono i peccati sessuali contro natura, l’omicidio volontario, togliere il giusto compenso al lavoratore, l’oppressione del povero. In questo il magistero ecclesiale ha prodotto importanti approfondimenti che risultano evidenti nella Dottrina sociale della Chiesa (ricordando che su questi temi l’aggettivo è essenziale). Sul primo e più in generale sull’identità e sui comportamenti della sfera sessuale basti dire che è passato molto tempo dalla prassi confessionale preconciliare quando persino i bambini nella quasi totalità dei casi erano sottoposti a stringenti interrogatori in merito.

Gli altri tre andrebbero letti sinotticamente, perché in sostanza le tragedie che provocano sono strettamente collegate. L’omicidio volontario non è questione solo individuale, ferme restando le responsabilità personali in qualunque delitto, ma chiama in causa la guerra e l’uso indiscriminato delle armi, tenendo presente la mai abbastanza citata opinione di Papa Francesco sul fatto che le guerre si fanno per vendere le armi.  Per inciso, per quanto riguarda l’Italia, quest’anno supererà per la prima volta i 29 miliardi di euro, con una crescita del 5,1% rispetto al 2023 e del 12,5% in due anni. E per cosa si spendono non è chiaro, dato che l’Italia è l’unico Paese a non rendere pubblici, per esempio, quali armamenti fornisce all’Ucraina.  

Negare il giusto compenso al lavoratore chiama in causa la sempre maggiore incuria dell’economia reale devastata da un liberismo da tempo asservito allo strapotere della finanza predatoria che ne trae profitti indecenti e di fatto truffaldini. L’Europa e in essa soprattutto l’Italia, un tempo ciulle dello Stato sociale, consentono da anni lo svuotamento dei diritti del lavoro, sempre più precarizzato e privato di quelle garanzie costate sudore e fatica alle generazioni del dopoguerra, con contratti che non garantiscono nulla, senza l’obbligo di retribuzione decente, per esempio con un salario minimo garantito che non consenta, come in Italia, di spacciare il lavoro povero per aumento dell’occupazione. E chi il lavoro non lo trova comunque viene tacciato di essere un fannullone da chi percepisce appannaggi favolosi senza di fatto mostrare di meritarseli.

L’oppressione del povero cresce ovunque nel mondo con il venir meno dei punti fondamentali della convivenza civile, valga per tutti il finanziamento prioritario della sanità pubblica, con stanziamenti proporzionali al prodotto interno lordo e non con pochi soldi spacciati per aumento della spesa pubblica nel settore. Senza un sostegno al bisogno di effettiva incidenza, come esiste del resto quasi in ogni Paese europeo, ma non nel nostro, dove era stato finalmente introdotto, ma è stato cancellato con motivazioni convincenti solo per chi nel bisogno non è mai stato. Senza un sistema fiscale equo, cioè progressivo e controllato davvero, senza ammiccamenti ai potentati finanziari, a quanti realizzano guadagni immensi sottoposti a tassazioni nulle o irrisorie, e neppure agli evasori di minore ma comunque significata rilevanza.

Il Prodotto interno lordo (Pil) è una fotografia di questa situazione. Non trova invece spazio adeguato nell’informazione quel Prodotto sociale lordo (Psl), pure misurabile e misurato, che racconta i vantaggi della pace, del lavoro non schiavizzante, della lotta alla miseria. Un paio di dati lo spiegano bene. Del Pil mondiale le guerre assorbono oltre 14% e sottraggono alle necessità delle popolazioni oltre 15 trilioni di dollari (in cifra si scrive 10 seguito da dodici zeri). La sola spesa diretta in armamenti, in continua crescita nell’ultimo ventennio, nel 2023, ultimo dato accertato dal Sipri di Stoccolma (Istituto di studi sulla pace tra i più prestigiosi e attendibili al mondo) è stata di 2.443 miliardi di dollari, per quasi il 60% da Paesi della Nato, seguiti da Cina e Russia che insieme non raggiungono la metà della cifra statunitense. E risulta già evidente che nel 2024 la guerra in Ucraina e quella a Gaza hanno aumentato la spesa, dato che le altre guerre non si sono certo fermate.

La cifra significa più o meno 6,7 miliardi al giorno. Circa 150 miliardi, 22 giorni di spesa in armi, secondo le stime della Banca Mondiale garantirebbero acqua potabile e servizi igienico-sanitari di base a quanti nel mondo non ne hanno, oltre due miliardi di persone, riducendo drasticamente le malattie, soprattutto infantili, e per inciso contenendo in modo significativo il fenomeno migratorio. Con 267 miliardi di dollari in più l’anno, spesi per le armi in una quarantina di giorni, secondo l’Onu, si metterebbe fine alla fame nel mondo entro il 2030.

Sulle questioni italiane, basta citare un dato solo: il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza nei 57 mesi in cui sono stati in vigore (aprile 2019-dicembre 2023) hanno erogato 34,5 miliardi di euro, più o 1,2 milioni al giorno nella media del periodo. A fine 2024 gli italiani avranno speso, euro più euro, 79 miliardi e mezzo al giorno per mandare armi in giro.

Stupidità e ferocia

8 agosto 2024

Quanto accaduto questa settimana in Gran Bretagna, con reiterati episodi di violenza razzista, obbliga a riflessioni amare sul progressivo venir meno dei valori faticosamente affermati in Europa – e più generale in Occidente – dopo gli orrori del nazismo e del fascismo culminati con la mattanza della seconda guerra mondiale. Per cinquant’anni la scelta su quei valori ha garantito all’Europa il periodo di pace più lungo della sua storia. La svolta negativa è incominciata, paradossalmente, con la fine della guerra fredda e il crollo del sistema sovietico. La sconfitta del totalitarismo comunista non ha significato diffusione della democrazia, come molti potenti affermano pomposamente e molti ingenui magari credono ancora in buona fede. Non c’è stata nessuna affermazione delle condizioni ispirate al diritto internazionale, tantomeno alla Dottrina sociale della Chiesa che di quel diritto accoglie i valori più autentici, ma la diffusione sempre meno arginata di una finanzia predatoria che indirizza le scelte politiche, per non parlare della tecnologia e della produzione di armi delle quali si impone sempre più l’utilizzo.

Al tempo stesso c’è stato quasi contemporaneamente il risorgere dei nazionalismi, per secoli il vero cancro dell’Europa. La prima esplosione ci fu nell’ex Jugoslavia, dove per la prima volta dopo il 1945. La guerra tornò a devastare città europee. E se all’epoca sembrò a molti – non a tutti, compreso chi traccia queste righe – una reazione al lungo congelamento del sistema comunista, i fatti si sono incaricati di dimostrare che quel morbo non riguardava solo l’Est europeo, ma il continente tutto e non solo. Lo si chiami neofascismo, neonazismo, sovranismo o suprematismo bianco è sempre la stessa realtà perniciosa, sempre con lo stesso schema per distorcere e appiattire la capacità di pensare e di documentarsi delle cittadinanze meno attente: metti loro paura e indica un nemico. Un tempo erano le democrazie “demo-pluto-giudaico-massoniche”, con particolare istigazione contro gli ebrei, ma anche contro i nomadi. Poi sono diventati i migranti e gli islamici in genere.

La situazione in Europa è ormai nota a tutti. Ma questa deriva democratica, nonostante significative reazioni popolari, con ultimo esempio il voto alle elezioni politiche francesi, ormai si sta facendo largo anche negli Stati Uniti, dove l’istigatore di un attacco al Campidoglio di quattro anni fa, sotto processo per svariati reati, torna a correre per la Casa Bianca dichiarando esplicitamente che non riconoscerà una nuova sconfitta e che comunque in caso di sua vittoria “queste elezioni saranno le ultime perché le cose cambieranno”. Saranno pure farneticazioni propagandistiche, ma certo c’è da preoccuparsi.

E soprattutto c’è da imparare a riflettere, perché la democrazia e il diritto internazionale non sono mai dati per sempre e purtroppo se non si difendono con l’impegno sociale e politico continuo, costa nuovo sangue riconquistarli.

Congedo dai lettori

Le dimissioni da direttore responsabile di Sosta e Ripresa motivate ai lettori