Home » Archivio articoli » Un conflitto sempre più parcellizzato

Un conflitto sempre più parcellizzato

Un conflitto sempre più parcellizzato - Pierluigi Natalia

  

Scenari somali  

 

in Siria

  

3 dicembre 2013

L'intensificarsi delle violenze in Siria — compreso il nuovo attacco sferrato alla cittadina cristiana di Maalula, sessanta chilometri a nord di Damasco, dove milizie islamiste hanno fatto irruzione nel convento di Santa Tecla e rapito dodici suore ortodosse — conferma il deterioramento di una situazione alla quale gli sforzi diplomatici internazionali non riescono ancora a porre argine. Diversi osservatori sottolineano, anzi, il rischio che nel Paese si consolidi uno scenario in profondo mutamento rispetto all'originaria ribellione, quasi tre anni fa, contro il Governo del presidente Bashar al Assad, uno scenario segnato anche da violenze specificamente anticristiane.

I miliziani del Fronte al Nusra, avrebbero ripreso il controllo di tutto l’abitato di Maalula conosciuta nel mondo perché vi si parla un dialetto simile all'aramaico di Gesù -  da dove erano stati scacciati nelle scorse settimane dall’offensiva delle forze governative. I ribelli avevano preso il controllo della città il 9 settembre; ma tre giorni più tardi l’esercito era entrato a Maalula. Da allora, comunque, gli scambi a fuoco sono stati quotidiani.

Il nunzio apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari, in base alle ultime notizie avute dal Patriarcato greco-ortodosso di Damasco, ha confermato il sequestro delle dodici religiose, di nazionalità siriana e libanese, dal convento di Santa Tecla, dove sono ricoverati diversi orfani. Le suore, tra le quali la superiora Pelagia Sayyaf, sarebbero state portate a Yabrud, venti chilometri più a nord. Il nunzio ha spiegato che non si conoscono le ragioni dell’azione dei ribelli, «se si tratti cioè di un rapimento o una presa di controllo sul convento per avere mano libera a Maalula». L'arcivescovo ha comunque sottolineato l’intensificarsi in questi giorni degli scontri nella zona di Yabrud, nell’area di Qalamoun, tra l’esercito e i ribelli.

Nelle stesse ore è giunta notizia che altre formazioni islamiste, quelle del cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e del Levante, hanno trasformato in proprie basi le chiese armene dei Martiri e dell'Annunciazione, nella città di Raqqa, già danneggiate nelle scorse settimane. Il gruppo è ritenuto responsabile, tra l'altro, del sequestro di padre Paolo Dell'Oglio, del quale mancano da mesi notizie certe.

Alle violenze dei gruppi ribelli si sommano quelle imputabili al Governo di Damasco. Ieri l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navanethem Pillay, ha affermato dall’inchiesta dell’Onu sono emerse le prove che il presidente Assad ha autorizzato crimini di guerra e crimini contro l’umanità in un conflitto che ha ormai provocato quasi 126.000 morti, un terzo dei quali civili, compresi più di seimila bambini, secondo l’ultimo bilancio diffuso da organizzazioni legate all’opposizione siriana.

Al pericolo di una cronicizzazione del conflitto ha fatto riferimento ieri l’inviato per la Siria delle Nazioni Unite e della Lega araba, Lakhdar Brahimi, in un'intervista alla televisione statale svizzera, insistendo sulla necessità di raggiungere un rapido accordo per evitare che la crisi trasformi il Paese in una nuova Somalia, dove spadroneggino signori della guerra, milizie e gruppi combattenti. Brahimi si è detto favorevole alla creazione di un nuovo governo in Siria, sottolineando che sono i siriani a doverne determinare la natura. L’inviato dell’Onu e della Lega araba ha comunque detto di sperare che si arrivi a «un sistema nuovo, democratico e repubblicano, non settario, che apra le porte a quella che io chiamo la nuova Repubblica siriana». Il diplomatico ha quindi auspicato che Arabia Saudita e Iran partecipino alla conferenza internazionale per la pace in Siria, nota come Ginevra 2, prevista per 22 gennaio dopo molti rinvii. Brahimi ha comunque confermato che i belligeranti siriani non sembrano intenzionati a raggiungere un cessate il fuoco in vista dei colloqui a Ginevra.