Come si misura l'amore? E cosa contribuisce a crearlo, ad accrescerlo, a consolidarlo? Su Nelson Mandela sono state dette e scritte miliardi di parole. Ma che tipo d'amore era quello di Mandela per l'umanità e dell'umanità per Mandela? Il Vangelo dice che nessuno ama più di chi dà la vita per i suoi amici. Di quel verbo dare si può vivere una duplice interpretazione. Quella dell'offerta, del'immolazione, del martirio, testimoniata nei secoli da tanti, cristiani e non solo. E quella di spendere la vita per gli altri. Quella di essere liberi - dall'egoismo, dalla paura, dalla superficialità - nell'amore e nella vita. Credo che per Mandela valga questa seconda via, sebbene i suoi 26 anni di prigionia mostrino una piena disponibilità a percorrere la prima.
C'è una pioggia torrenziale oggi a Soweto, l’immensa baraccopoli a sud-est di Johannesburg (il nome sta appunto per South West Town), dove nel First National Bank Stadium si sta tenendo la cerimonia ufficiale di addio a Nelson Mandela. E per gli africani è di buon augurio, perché significa che il cielo si apre per accoglierne l'anima. All’appuntamento partecipano un centinaio tra capi di Stato e di Governo e presidenti di Parlamenti di tutto il mondo, alcuni applauditi, altri contestati. E sta facendo il giro del mondo la foto di una stretta di mano tra i presidenti degli Stati Uniti, Barack Obama, e di Cuba, Raúl Castro, due degli oratori ufficiali, dopo il Segretaria generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e prima del presidente sudafricano Jacob Zuma e via via tanti altri.
Non è un gesto banale quello di Obama e Castro, leader di due Paesi divisi da un’inimicizia che data da oltre mezzo secolo (anche se nei corridoi dell'Onu c'era stato un precedente nel 2000 tra Bill Clinton e Fidel Castro). Ovviamente, dati i protagonisti, è un gesto politico, nel senso più alto. Ma piace pensarlo anche un gesto ispirato proprio dal ricordo di Mandela.
Una delle parole più ripetute oggi per raccontare Mandela è stata “riconciliazione”. Vi ha soprattutto riferimento Ban Ki-moon. «Non odiava le persone, ma odiava l’odio e ha mostrato il grande potere del perdono», ha detto il Segretario generale dell’Onu, secondo il quale «questo è stato il dono e la lezione» di Mandela, paragonato a un grande baobab che ha lasciato profonde radici.
Più tardi, Raúl Castro ha aperto il suo discorso ricordando «il grande legame affettivo» tra suo fratello Fidel e Mandela, definito un simbolo «della lotta rivoluzionaria per la libertà e la giustizia», ma anche «un profeta dell’unità, della riconciliazione e della pace».
Del «gigante della storia» che non voleva essere considerato un’icona, ma «insisteva per condividere con noi i suoi dubbi, le sue paure, i suoi calcoli sbagliati, insieme alle sue vittorie», aveva parlato subito prima Obama. «Come Gandhi ha portato avanti un movimento che sembrava avere poche possibilità di successo, ha dato una voce potente alle rivendicazioni degli oppressi e alla necessità morale di una giustizia razziale».
Riconciliazione, giustizia. Anche questo ci lascia Mandela: gli addendi di un'addizione che dà come somma la pace.