La guerra infinita in Somalia, che con diverse fasi e diversa intensità si protrae da quasi un quarto di secolo e che nonostante le solenni dichiarazioni internazionali non può certo dirsi conclusa, sembra anzi destinata ora a un periodo di intensificazione. Stasera si è avuta notizia che l’Onu è orientata a rafforzare l’azione militare contro i ribelli radicali islamici somali di al Shabaab. Il Segretario generale, Ban Ki-moon, ha chiesto al Consiglio di sicurezza di aumentare di migliaia di soldati l’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, già più che raddoppiata nel 2012. Secondo Ban Ki-moon, servono nuovi finanziamenti per assicurare la sopravvivenza del Governo di Mogadiscio guidato dal presidente Hassan Mohamud., insediato un anno fa al termine di una lunga transizione formalmente dichiarata conclusa dalla comunità internazionale. Una transizione che è stata costantemente osteggiata dagli insorti islamisti, dati frettolosamente per sconfitti un anno fa, quando le sue milizie furono costretti a ritirarsi da Chisimaio, seconda città e secondo porto del Paese, che controllavano da anni
Al Shabaab prese le armi dopo che un intervento militare dell'Etiopia in Somalia aveva scacciato da Mogadiscio nel 2006 le corti islamiche che vi avevano insediato una sorta di Governo e incominciato ad avviare una possibile pacificazione. Successivamente, nel 2009, c'era stato il ritiro delle truppe di Addis Abeba e un'intesa per una transizione guidata proprio da quello che era stato il leader delle corti islamiche, cioè Sharif Ahmed. Ma intanto la guerra civile era riesplosa.
E di sicuro non è sta conclusa dal varo del nuovo Governo di Mogadiscio. Ora il Segretario dell’Onu sostiene, o meglio prende atto, che servono nuove truppe, sostegno logistico e di intelligence, elicotteri da attacco per contrastare i successi di al Shabaab, data frettolosamente per sconfitta.
Nonostante il ritiro da Chisimaio – dove la situazione, se possibile, si è persino aggravata - al Shabaab ha infatti dimostrato di aver mantenuta intatta la sua capacità di colpire, con azioni di guerriglia e attentati. Negli ultimi mesi gli attacchi delle milizie radicali islamiche si sono susseguiti sia in Somalia — nella stessa capitale Mogadiscio ce ne sono stati diversi contro le sedi dell’Onu e delle missioni straniere oltre che contro gli esponenti del Governo — sia all’estero.
Tra questi ultimi ha avuto conseguenze particolarmente sanguinose l’attacco con presa d’ostaggi sferrato in settembre da al Shabaab al centro commerciale Westgate di Nairobi, la capitale del Kenya le cui truppe, entrate nel 2010 in Somalia per una operazione autonoma, lo scorso anno erano state inquadrate nell’Amisom contribuendo in modo determinante al rafforzamento della missione e risultando decisive nell’offensiva su Chisimaio.
«Il deterioramento della situazione della sicurezza minaccia il fragile processo politico della Somalia», ha scritto Ban Ki-moon al Consiglio di sicurezza, aggiungendo che «per riprendere l’iniziativa e evitare ulteriori rovesci, c'è un bisogno urgente di riprendere e rafforzare la campagna militare contro Al Shabaab». Il rafforzamento dell’Amisom — 4.400 soldati da aggiungere agli attuali 18.000 — dovrebbe essere comunque per un tempo limitato: «I rinforzi temporanei dovrebbero aprire la strada in una seconda fase alla partenza di tutte le forze straniere», scrive Ban ki-moon, sostenendo che «di converso, senza l’ulteriore appoggio raccomandato in questa lettera, i nostri investimenti rischiano di venir fatti deragliare».
Sulla durata “temporanea” degli interventi armati internazionali, peraltro, l'esperienza insegna a non riporre eccessiva speranza.