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L'Onu non ha fondi per aiutarne cinque milioni

L'Onu non ha fondi per aiutarne cinque milioni - Pierluigi Natalia

 

L'inverno

dei profughi

siriani

 

28 gennaio 2015

Mentre si fa purtroppo sempre più evidente la prospettiva che il conflitto siriano entri nel suo quinto anno, la comunità internazionale sembra impotente non solo a fermarlo, ma anche solo ad arginarne le tragiche conseguenze. Vale sia sul piano strettamente diplomatico e politico – nessuno sviluppo significativo è arrivato dall'ultimo tentativo negoziale, quello promosso questa settimana dal Governo russo – sia su quello umanitario. Quasi cinque milioni di siriani, oltre il quaranta per cento dei dodici milioni di quelli che hanno bisogni d'aiuto, tra sfollati interni e rifugiati all'estero, restano difficili da raggiungere, mentre l'inverno aggrava ogni giorno di più la loro condizione.

I responsabili dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie moltiplicano gli allarmi in questo senso. L'ultimo è stato lanciato dal sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, la sudcoreana Kang Kyung-wha, che, in una relazione presentata questa settimana al Consiglio di sicurezza dell'Onu, è tornata a richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla maggiore crisi umanitaria oggi in atto nel pianeta. La maggiore, ma anche quella incredibilmente dimenticata dai Governi di tutto il mondo se è vero, come ha denunciato Kang Kyung-wha, che le agenzie dell'Onu hanno ottenuto neppure la metà dei 2,9 miliardi di dollari chiesti loro l'anno scorso per finanziare l'assistenza ai profughi siriani e che quest'anno le prospettive appaiono sotto questo aspetto anche peggiori. Per mancanza di mezzi – ha sottolineato Kang Kyung-wha – «in inverno, centinaia di migliaia di persone sono state lasciate fuori dalle operazioni umanitarie».

La diplomatica sudcoreana ha spiegato che in dicembre gli organismi preposti non sono riusciti a distribuire cibo ai civili non solo nelle zone di Raqqah e Deyr az-Zawr, controllate dai miliziani del cosiddetto Stato islamico – la cui offensiva si è da tempo innestata sul più vasto complesso del conflitto siriano - ma anche in quelle assediate dalle truppe governative e dai combattenti dell’opposizione. Non ha avuto applicazione, quindi, il piano per aprire corridoi umanitari annunciato a fine novembre dall'inviato dell'Onu per la Siria, l'italiano Staffan de Mistura, e al quale aveva dato assenso il Governo di Damasco.

A metà gennaio era stato António Guterres, il responsabile dell’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), a esprimersi in termini analoghi durante una visita in Giordania, Paese che ospita oltre un milione e trecentomila profughi siriani. Guterres aveva denunciato che una parte sempre maggiore di questa persone stanno scivolando sotto la soglia della povertà estrema.

Ad accrescere le difficoltà ha contribuito l’ondata di maltempo che ha investito in queste ultime settiman tutto il Vicino oriente e ha pesantemente ostacolato l’azione delle agenzie dell’Onu e delle organizzazioni umanitarie. Secondo un rapporto diffuso dall’Unhcr in occasione della visita di Guterres, due terzi dei profughi in Giordania vivono sotto la soglia nazionale di povertà e una famiglia di rifugiati su sei è in una situazione di povertà estrema.

Drammatica è anche la condizione dei rifugiati siriani in Libano, oltre un milione, e di quelli palestinesi e degli sfollati interni. Di casi di morte per assideramento tra i rifugiati ha dato notizia all’agenzia Fides padre Paul Karam, presidente della Caritas libanese.

La speranza di una soluzione a breve termine del conflitto siriano che consenta adeguate iniziative di assistenza alle popolazioni stremate appare aleatoria. Né riguarda solo i siriani un’emergenza che si sta facendo insostenibile in tutto il Vicino oriente, dalla costa mediterranea all’Afghanistan, con prospettive particolarmente minacciose per i bambini profughi, stimati a oltre sette milioni dall’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia.