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L'introduzione alla Messa per il mio 60° compleanno

Qualcosa di personale

 20 febbraio 2016

 Grazie a tutti voi per aver voluto essere con me oggi e grazie ad Egidio per essere venuto a celebrare con noi e per noi questa Messa. L'ho voluta in ringraziamento per i doni che ho ricevuto in questi sessant'anni. E i più importanti sono le persone che ho avuto accanto e quelle che arricchiscono ancora la mia vicenda quotidiana. Le persone delle generazioni che mi hanno preceduto, di quella a cui appartengo e di quelle che seguono la mia.

Vale per la mia famiglia stretta, mia madre, mio fratello Vincenzo, mio nipote Andrea, Giovanna che le circostanze della vita hanno reso per me non una cugina ma una sorella, Gianluca che è ben più di più di un nipote.

Vale per Stefano che non è solo un amico, ma un fratello.

Vale per Massimo e Stefania della cui famiglia mi so da anni parte, e per i loro ragazzi dei quali – tutti, non solo il mio Fabio – so di essere qualcosa di più di un padrino e che, con Andrea e Gianluca, rappresentano la più cara delle mie eredità.

Vale per i miei familiari di sangue, i Natalia dei quali porto con orgoglio un nome che illustrano meglio di quanto non faccia io, e le famiglie con le quali hanno stretto legami. Vale per i Trovato e per tutti i parenti che mi vengono da mia madre, con un pensiero particolare, oggi, alle mie cugine Lucia e Cecilia, che sono venute dagli Stati Uniti per festeggiarmi.

Vale per quanti, come Sergio che oggi è qui, mi sono stati e mi sono maestri di vita, con l’esempio e la parola. Ma forse dovrei parlare al femminile, dato che ho avuto e ancora ricevo insegnamenti significativi soprattutto dalle donne.

Vale per coloro con i quali abbiamo stretto negli anni del liceo un'amicizia che non si è dispersa.

Vale per quanti ho avuto con me sotto la tenda e per coloro che mi hanno accompagnato sul mare.

Vale per quei pochi colleghi che ho voluto qui oggi, proprio perché non li considero solo tali, ma amici.

Ma è inutile continuare l'elenco: vale per tutti voi. E anche per quanti non hanno potuto accettare oggi il mio invito. Vale persino per quanti non hanno voluto farlo. Prendo atto dei motivi che hanno addotto e certo, smaltita la delusione – e, per dirla tutta, una delusione irata - posso dire in coscienza che in me non vi è ombra di risentimento, ma solo il dispiacere di non poterli abbracciare in questo giorno

Alcuni di voi, in diverse occasioni, mi hanno detto che porto sempre con me il mio passato. È vero. Ma questo non significa, non ha mai significato che io viva nel passato. Non sono fantasmi ad accompagnarmi, ma memorie d'amore. Dalle donne che più ho amato e che mi hanno preceduto nell'eternità a quei ragazzi e bambini che ho avuto la sventura di veder morire tanto giovani. E questa Messa è celebrata in suffragio di quanti partecipano alla mia personale comunione dei santi. Da mio padre ai nonni, da padre Bellincampi, nel cui nome anche oggi vedo raccolte qui tante persone, a tutti coloro che i vostri volti mi riportano in quest'ora alla memoria, parenti e amici.

Nell'Africa che rappresenta tanta parte della mia storia professionale si dice che il villaggio è abitato da tre gruppi di persone: quelle che si vedono, gli antenati che non si vedono più, le generazioni che non si vedono ancora. Io oggi ho la speciale benedizione di avere con me il mio villaggio.