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Il terrorismo moltiplica il fenomeno

Il terrorismo moltiplica il fenomeno - Pierluigi Natalia

 

Bambini

per la guerra

 

22 febbraio 2015

 

L'uso dei bambini per fare la guerra, una delle più gravi tra le violazioni dei diritti umani, ha visto un'intensificazione in questi ultimi mesi dovuta non tanto ai tradizionali motivi all'origine del fenomeno dei bambini soldato, quanto a una strategia comunicativa, basata sulla ferocia, della quale mostrano sempre più di avere padronanza i gruppi armati terroristici. Nell'ultimo fine settimana se ne sono avuti diversi esempi. Quello più sconvolgente è la strage perpetrata in Nigeria da un'attentatrice suicida di sette anni – ma sarebbe meglio dire da una bambina usata come bomba dai miliziani islamisti di Boko Haram – che si è fatta esplodere in un mercato di Potiskum, la capitale dello Stato nordorientale nigeriano dello Yobe, uccidendo oltre a se stessa cinque persone e ferendone diciannove. La piccola era stata fermata dalle forze di sicurezza, ma è riuscita a sfuggire al loro controllo.

Poche ore prima, ottantanove bambini erano stati rapiti da uomini armati nel villaggio di Wau Shilluk, nei pressi della città di Malakal, la capitale nello Stato sudsudanese dell’Alto Nilo. Non ci sono state rivendicazioni, ma tutto sembra confermare l’ennesimo caso di reclutamento forzato di bambini soldato.

Il fenomeno non è certo nuovo nei conflitti africani e in quelli sudanesi in particolare. Secondo l’Unicef, l'agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, in Sud Sudan solo nell'ultimo anno - dall’inizio del conflitto civile esploso a dicembre del 2013 tra i reparti dell'esercito fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit e quelli ribelli che fanno riferimento all’ex vice presidente Rijek Machar - ne sono stati schierati sul campo di battaglia circa dodicimila. Del loro impiego i rapporti dell’Onu accusano tanto le truppe governative quanto i ribelli. In questo caso, a giudizio di chi scrive queste righe, c'è però una componente ulteriore di inquietudine. Il villaggio dove sono stati reclutati i ragazzi, in qualche caso appena dodicenni, sorge in un’area abitata dal gruppo etnico degli shilluk. Nella zona operano i miliziani di Johnson Olony, un ex capo ribelle finito nel mirino delle forze di Machar (in massima parte di etnia nuer) per aver stretto un’alleanza con l’esercito fedele al Governo di Juba. E sono molti gli indizi che Olony sta effettuando campagne di reclutamento con una relativa accettazione da parte della popolazione shilluk.

Né una simile complicità delle famiglie dei bambini trasformati in assassini o terroristi si può escludere per quanto riguarda il cosiddetto Stato islamico (Isis). Sempre durante questo fine settimana ha suscitato orrore in tutto il mondo il filmato diffuso dall'Isis nel quale si mostrano ventuno prigionieri, in maggioranza peshmerga curdi catturati in Iraq, fatti sfilare chiusi in gabbie ad Hawija, un villaggio a circa cinquanta chilometri da Kirkuk, la città irachena da dove i miliziani jihadisti sono stati costretti alla ritirata proprio dai curdi. Il filmato di questa parata, blasfema per ogni sentimento di pietà umana e per ogni sentire religioso, è una sorta di ricapitolazione degli orrori perpetrati finora dall'Isis. I prigionieri, vestiti con le tute arancione fatte indossare agli ostaggi trucidati dall'Is, vengono fatti sfilare a capo chino davanti alla telecamera, poi rinchiusi in una gabbia. Un flashback inserisce l’immagine del pilota giordano bruciato vivo appunto in una gabbia. Nelle inquadrature finali, i prigionieri sono inginocchiati a terra con alle loro spalle i boia armati di