Primo turno delle elezioni presidenziali
Colombia al voto
tra speranze e polemiche
Di Pierluigi Natalia
Le elezioni presidenziali in Colombia, dove questa domenica si vota per il primo turno, arrivano in un momento segnato da speranze e polemiche, entrambe legate soprattutto al negoziato in corso a Cuba da un anno e mezzo tra il governo di Bogotá e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), il più antico gruppo guerrigliero di sinistra dell'America Latina. Il presidente Juan Manuel Santos, che si candida alla rielezione, si presenta forte del successo che la sua coalizione di centrodestra ha ottenuto alle elezioni legislative tenute in marzo - peraltro segnate da un astensionismo che ha superato il 60 per cento dei circa 32 milioni di elettori - quando ha conquistato la maggioranza assoluta alla Camera, con 91 seggi su 163, e quella relativa al Senato, con 47 seggi su 102.
Il principale partito rivale, il Centro democratico fondato dall'ex presidente Álvaro Uribe - da tempo strenuo oppositore del suo ex “delfino” Santos e altrettanto strenuo avversario della trattativa con le Farc - dispone oggi di 20 senatori e 12 deputati, comunque un risultato di rilievo per una forza politica di recente formazione. Il suo candito alla presidenza è Óscar Iván Zuluaga, da quasi tutti dato per certo per lo meno al ballottaggio con Santos. Il terzo incomodo potrebbe essere Enrique Peñalosa, del Partito verde, mentre analisti e sondaggisti danno poche possibilità a Clara López Obregón candidata dalla sinistra, uscita male dalle legislative pur avendo ritrovato l’unità tra Polo democratico e Unità popolare.
Santos punta proprio sulle speranze suscitate dagli accordi già raggiunti sui primi tre punti in agenda nel negoziato a Cuba. Il primo è stato quello lo sviluppo agricolo e la destinazione e proprietà delle terre, cioè la questione sulla quale mezzo secolo fa era incominciata la ribellione delle Farc. Poi c'è stata, in novembre, l'intesa – comunque di massima e non ancora precisata nei dettagli - sul disarmo dei guerriglieri e sulla loro partecipazione alla vita politica del Paese. La scorsa settimana è stato annunciato l'accordo sulla lotta al traffico di droga, che in in passato ha alimentato le stesse Farc e che secondo gli avversari della trattativa lo fa tuttora. Tra l'altro, Uribe una decina di giorni fa ha accusato Santos di essersi fatto finanziare la campagna elettorale dai narcotrafficanti, aggiungendo peraltro di essere disposto a fornire le prove solo al procuratore Alejandro Ordóñez, noto per le sue posizioni di estrema destra.
Sulla trattativa con le Farc s'incentra anche lo scandalo, esploso nell'ultima settimana, che vede coinvolto Zuluaga. È stato diffuso un video che lo mostra mentre discute con il capo, poi dimessosi, della sua campagna elettorale, Luis Alfonso Hoyos, ex rappresentante colombiano presso l'Organizzazione degli Stati americani a Washington, e con Andrés Fernando Sepúlveda, un esperto di intercettazioni elettroniche. Quest'ultimo mostra al candidato informazioni acquisite illegalmente sui negoziatori delle Farc, spiegando che provengono da fonti dell’intelligence militare e dal Comando Sud delle forze armate statunitensi, quello responsabile delle operazioni in Colombia a suo tempo concordate proprio con Uribe. Zuluaga ha rifiutato di commentare il video, che secondo lui «non solo è stato ottenuto illegalmente, ma è anche un montaggio», confezionato per danneggiare la sua candidatura. Una perizia consegnata al procuratore generale, Luis Eduardo Montealegre, sostiene che il video «è assolutamente genuino e verace».
Alla questione della guerriglia sono legate anche anche altre polemiche che hanno segnato la campagna elettorale, in occasione della quale le Farc hanno dichiarato una tregua unilaterale, che secondo l'esercito avrebbe praltro subito violata. L'opposizione a Santos, in particolare con la conservatrice Marta Lucía Ramírez, sostiene che l'intesa sulla lotta al narcotraffico è priva di contenuti reali e che anche sul piano militare le Farc, per essere credibili, dovrebbero impegnarsi a un cessate il fuoco definitivo e non solamente temporaneo.
La partita vera che Santos dovrà giocare, in caso di rielezione, sembra però quella sulla futura integrazione delle Farc nella vita politica e nelle istituzioni del Paese. A novembre, le parti si limitarono a comunicare che «quanto convenuto approfondisce e irrobustisce la nostra democrazia, ampliando i diritti e le garanzie dell’esercizio dell’opposizione, così come gli spazi di partecipazione politica». Ma le posizioni restano distanti. Secondo alcuni osservatori, Santos punterebbe solo a fare entrare in Parlamento una manciata di ex guerriglieri senza alcun potere decisionale. Diversi fonti, invece, sostengono che l'intesa prevede la creazione di distretti elettorali speciali nelle zone più colpite dal decennale conflitto, per far sì che le popolazioni locali dispongano di una rappresentanza adeguata in Parlamento. Su questo aspetto, fra l'altro, in parallelo con il negoziato con le Farc, il Governo ha aperto da tempo un confronto con le organizzazioni dei contadini e, più in generale, con quelle della società civile
Il punto cruciale è però il modo con il quale dovrà essere ratificato il futuro trattato di pace. Il Governo di Santos vuole un referendum, mentre le Farc chiedono la convocazione di un’Assemblea costituente, un'istanza sollecitata anche da parti della società civile.