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La scisi interna sfocia in uno scontro con l'Onu

La scisi interna sfocia in uno scontro con l'Onu - Pierluigi Natalia

  

Burundi

  

in tensione

  

18 aprile 2014

La tensione politica, sociale e anche etnica in Burundi – dove il presidente in carica, Pierre Nkurunziza, sta tentando di far modificare la Costituzione per potersi candidare a un terzo mandato – ha avuto modo di accrescersi per la rivelazione, la scorsa settimana, di un rapporto confidenziale dell'Onu nel quale veniva denunciata la consegna di armi ai cosiddetti imbonerakure, i giovani militanti del Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia-Forze per la Difesa della Democrazia (Cndd-Fdd), il partito al potere. Il rapporto, destinato al Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è stato redatto dal responsabile dell'ufficio dell'Onu in Burundi (Bnub) Parfait Onanga-Anyanga ed era appunto riservato, ma la stampa locale ne è venuta in possesso. Il capo del Bnub – un ufficio costituito al termine della guerra civile e che entro quest'anno sarà chiuso - si spinge a paventare la possibilità di un genocidio. A vent'anni da quello in Rwanda che vide coinvolte le stesse etnie che popolano il Burundi, cioè hutu e tutsi, non è un allarme da poco.

Il Governo di Bujumbura, con una nota ufficiale in 19 punti, ha denunciato le «potenziali gravi conseguenze del rapporto in termini di instabilità e divisioni sociali» deplorando che «un documento su un argomento così sensibile sulla presunta distribuzione di armi per commettere un ipotetico genocidio, sia stato stilato senza alcuna collaborazione delle autorità e senza averle messe a conoscenza». Il comunicato governativo sottolinea che le accuse “in cattiva fede” sono emerse appunto mentre la locale sede delle Nazioni Unite è destinata a chiudere.

La questione, oltre a creare problemi nei consessi internazionali, sta avendo forti ripercussioni interne. Secondo le attuali autorità, infatti, gli oppositori dell'Alleanza dei democratici per il cambiamento (Adc-Ikibiri) «hanno soffiato sul fuoco per trarre vantaggio dell’immagine di un paese sempre sull’orlo della catastrofe, contenuta nel rapporto confidenziale», dato che «arma preferita di alcuni politici è la menzogna e la demonizzazione dei fatti locali presentati in modo globale».

Il comunicato governativo chiede poi all’Onu e alla comunità internazionale di assumersi tutte le responsabilità delle conseguenze che potranno scaturire dal rapporto e sostiene che sulla scia delle notizie rilanciate armi possa finire «nelle mani di vari gruppi criminali che seminano violenza dalle elezioni del 2010, a volte anche con la complicità di alcuni politici» decisi ad «alimentare l’insicurezza per destabilizzare il Paese» in vista delle presidenziali del 2015 «per sabotare le urne e accedere al potere in una situazione di caos».

Come spesso accade – certo non solo e neppure principalmente in Africa – il Governo cerca cioè di trasformarsi da accusato in accusatore e ricorre a uno dei trucchi politici più vecchi (e più utili ai mercanti di armi): se hai problemi interni cerca nemici esterni da additare all'opinione pubblica.

La nota governativa da un lato afferma che «evocare lo spettro di un genocidio imminente mentre il Rwanda sta commemorando il ventennale dei massacri lascerà tracce, soprattutto tra la popolazione che vive in zone rurali e in piena riconciliazione». Dall'altro, però, dopo aver rivendicato l'impegno a portare avanti il processo di disarmo e a garantire la sicurezza del territorio nazionale, torna a usare una missiva destinata all'Onu per sottolineare questioni interne. In particolare con l'affermazione che il presidente del Movimento per la solidarietà e lo sviluppo (Msd, opposizione), il latitante Alexis Sinduhije, «è ricercato dalla giustizia» e con l'accusa alle «bande dei suoi giovani sostenitori di violenze ai danni delle forze di sicurezza».

     Poche ore dopo la diffusione del comunicato governativo, il vicepresidente Prosper Bazombanza, in un incontro con il corpo diplomatico a Bujumbura, ha chiesto all’Onu non si basi «su dvoci di basso livello» ma svolga «inchieste approfondite per raccogliere prove e verificare la veracità delle accuse» o nel caso contrario ritiri il rapporto. Vi posso assicurare che qualunque azione che ci possa trascinare nella guerra in generale o portare «al genocidio in particolare non sarà tollerata ha aggiunto Bazombanza.

Il documento riservato dell'Onu, inoltre, contiene un aspetto da non sottovalutare nell'intrigata interconnessione tra le diverse crisi della regione dei Grandi Laghi, che incancreniscono da decenni, sempre a tutto vantaggio dei mercanti di armi e di quanti – soprattutto soggetti internazionali extracontinentali – lucrano sulla guerra per depredare impunemente le immense risorse di quella zona. In particolare, Parfait Onanga-Anyanga scriva a Ban Ki-moon che che alcuni gruppi, tra cui politici burundesi, sono coinvolti in traffici di armi da fuoco nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Soprattutto questo aspetto ha trovato ascolto sia nell'opposizione, compresa l'ala del Cndd da cui a suo tempo si scisse quella guidata dal presidente Nkurunziza, sia tra alcuni esponenti della maggioranza, il che ha portato a suggerire di istituire una Commissione internazionale indipendente incaricata di indagare sulle accuse mosse dall’Onu. Un secco no è venuto dai ministri della Difesa e della Giustizia, secondo i quali «i servizi di sicurezza nazionali sono sufficientemente attrezzati tecnicamente, quindi non è il momento di cercare un sostegno esterno per indagare su un rapporto falso».

Quindi anche la potenziale minaccia di un nuovo genocidio tra hutu e tutsi rischia di diventare un mero argomento di campagna elettorale, dopo che il Parlamentio ha respinto la revisione della Costituzione chiesta da Nkurunziza per potersi ricandidare. Tanto più che molti osservatori non escludono che il presidente intenda indire un referendum popolare, ovviamente organizzato e controllato dal suo Governo, per superare il voto parlamentare che gli è stato contrario.