«Nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze che esistono tra le parti, si favorirà il bene comune». Lo scrive Papa Francesco nel messaggio letto giovedì scorso dal nunzio apostolico in Venezuela, l’arcivescovo Aldo Giordano, all’apertura del dialogo formale tra Governo e opposizione. Il confronto è volto a superare la crisi in atto da due mesi nel Paese, dove non s’interrompono le proteste, sfociate in più occasioni in violenze che hanno provocato finora 41 morti e portato a migliaia di arresti.
Almeno nella prima tornata di colloqui (la prossima è fissata per domani) - l'unico fattore positivo è però proprio il fatto che gli antagonisti abbiano concordato sull'importanza di avere, in vesti di facilitatori, se non proprio di mediatori veri e propri, la Santa Sede e l'Unione delle Nazioni sudameticane (Unasur) l'organizzazione che ebbe a suo tempo tra i principali sponsor proprio il defunto presidente venezuelano, Hugo Chávez, e che costituisce di fatto un'alternativa all'Osa, l'Organizzazione degli Stati americani, da molti ritenuta di fatto guidata dagli Stati Uniti. Il messaggio del Papa era indirizzato al presidente venezuelano, Nicolás Maduro Moros, ai membri del Governo, ai rappresentanti del Tavolo di unità democratica — la coalizione dell’opposizione guidata da Henrique Capriles — e appunto ai mediatori per conto dell’Unasur, i ministri degli esteri della Colombia, María Ángela Holguín Cuéllar, dell’Ecuador, Ricardo Armando Patiño Aroca, e del Brasile, Luiz Figueiredo.
Il primo incontro, durato per sei ore e trasmesso minuto per minuto da televisioni, radio e social network, non ha fatto registrare passi avanti. Da domani, a giudizio di molti, potrebbero esserci sviluppi diversi, favoriti sia dall'azione dei facilitatori, sia dal fatto che gli atteggiamenti “muscolari” hanno già avuto modo di esplicarsi.
Le distanze, per ora, restano notevoli. Anche perché l'opposizione cerca in quest'occasione di rimettere in discussione la struttura politica del Paese. Capriles, che dopo aver perso nettamente contro Chávez si è visto sconfitto da Maduro alle presidenziali dell'anno scorso con un distacco di meno dell'1,5 per cento, ha reiterato le accuse al Governo considerato responsabile di tutti i mali che affliggono il Paese, in primo luogo le difficoltà economiche e sociali.
Da parte sua, Maduro ha escluso ogni misura di clemenza verso i dirigenti arrestati o indagati dalle procure ed ha ribadito che le politiche dell’attuale Governo hanno messo in crisi potenti interessi nazionali ed esteri, che hanno deciso di rispondere lanciando le proteste.
Al momento, dunque, sembra rimasto in sospeso l'auspicio espresso dal Papa, il quale si è detto «profondamente convinto che la violenza non potrà mai portare pace e benessere ad un Paese, poiché essa genera sempre e solo violenza. Al contrario, attraverso il dialogo potete riscoprire la base comune e condivisa che conduce a superare il momento attuale di conflitto e di polarizzazione, che ferisce così profondamente il Venezuela, per trovare forme di collaborazione». Ma quello di giovedì è stato solo un primo passo e, in ogni caso, già averlo fatto è importante. Da domani si vedrà se ci sarà davvero un cambiamento di stile, in un Paese da tempo spaccato quasi a metà (lo chavismo resta maggioritario, ma non più con le dimensioni raggiunte sotto la guida di Chávez).