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Il Mediterraneo non ha solo due sponde

Il Mediterraneo non ha solo due sponde - Pierluigi Natalia


Lampedusa,

  

Europa?

  

  14 ottobre 2013

 

Le tragedie di questi giorni a Lampedusa e, più in generale nel Canale di Sicilia, hanno spinto molti ad aprire gli occhi su una vicenda che non può essere affrontata sul piano strettamente emergenziale. Dopo quello di Papa Francesco, che si è recato nell'isola in tempi non sospetti, sono finalmente quasi corali gli interventi a tutti i livelli istituzionali che sottolineano come la priorità assoluta sia quella di salvare vite umane. Tuttavia, se non fosse una similitudine troppo amara riguardo l'argomento, verrebbe da dire che a salire in troppi a bordo di una barca si rischia di farla affondare.

Come spesso accade, gran parte dei rappresentanti istituzionali – praticamente gli stessi che in passato hanno sempre affrontato la questione migratoria come un tema soprattutto di ordine pubblico – si sono mossi in favore di telecamera, professando commozione e orrore. Nel frattempo, sia i marinai sia i cittadini di Lampedusa continuavano in quello che hanno sempre fatto, cioè salvare quante più vite possibile. Da questa considerazione prende le mosse il durissimo intervento di oggi dei vescovi siciliani, riuniti a Siracusa per la loro conferenza annuale. «La gente di Lampedusa — affermano — ha mostrato al mondo il valore e l’efficacia dei gesti semplici e significativi del quotidiano: la vicinanza, il soccorso, il pianto, la collera, la pazienza. E nello stesso tempo ha dimostrato l’inutilità controproducente di talune risposte istituzionali che non hanno contribuito a risolvere il problema, ma anzi hanno moltiplicato il numero delle vittime». Questi morti — aggiunge la nota dei — e tutti quelli che negli anni «sono stati cancellati dal mare chiedono verità, giustizia e solidarietà. È ora di abbandonare l’ipocrisia di chi continua a pensare che il fenomeno migratorio sia un’emergenza auspicata di breve durata».

C'è ovviamente molto di vero. Né a ridurre alcune responsabilità basta il “mantra” sul fatto che sia l'Unione europea nel suo complesso a dover affrontare la questione, recitato in questi giorni praticamente da tutti, dai governanti italiani come dal primo ministro maltese Joseph Muscat, il cui Governo in materia di respingimenti ha poco da invidiare all'Italia degli ultimi anni, quella della legge Bossi-Fini o del decreto Maroni sulla sicurezza. Che l'Unione euroopea non abbia mai affrontato strutturalmente la questione, nonostante il varo del Frontrex, la struttura che dovrebbe occuparsene e che di fatto è solo un coordinamento, finora neppure tanto efficace. La legislazione dell'Unione europea, in particolare il trattato di Dublino, stabilisce chiaramente che le questioni frontaliere sono competenza degli Stati. Non ci sono leggi europea sulle migrazioni, non c'è una Marina europea in Mediterraneo, non c'è una politica estera europea sulla questione. Non ci ci sono e allo stato attuale non ci possono essere. A ricordarlo è stata la presidente della Camera, Laura Boldrini, una dei pochi rappresentanti italiani titolati a parlare di questi argomenti, dato che il suo impegno in politica data da quest'anno, dopo una vita professionale spesa sulle frontiere di questa tragedia, come portavoce prima del Programma alimentare mondiale dell'Onu e poi dell'Alto commissariato per i rifugiati (meglio specificare che in questi casi si si tratta di incarichi operativi, non di uffici stampa).  

Di fatto, tutto quello che può fare l'Europa è sostenere gli sforzi dei singoli Stati sul piano economico. Del resto, la settimana scorsa ad accompagnare a Lampedusa il presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, c'era la commissaria agli affari interni, Cecilia Malmström, e non l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Catherine Ashton.

Lampedusa, Europa”, è un bel titolo e un auspicio, non certo un dato di fatto. E il Mediterraneo non ha solo due sponde, quella europea e quella sud.

Peraltro, neppure la generica e generalizzata condanna dei “politici” e delle carenze dell'Europa è una giusta chiave di lettura. Come in tanti altri aspetti della convivenza internazionale, i comportamenti vanno contestualizzati. Proprio questa mattina ho incontrato il direttore dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, lo statunitense William Lacy Swing, che è stato ricevuto da Papa Francesco in Vaticano e che domani sarà a Lampedusa. Gli ho chiesto, tra l'altro, come valuta l’assenza di una politica comune dell’Unione europea in materia di migrazioni e i risultati di Frontex. La risposta non è stata quella che nel coro di queste ore ci si sarebbe potuto aspettare. «È vero – detto Swing – che non c’è ancora formalmente una legislazione comunitaria. Ma nel cercare di trovare una politica che in questo settore investa tutti i 28 Stati membri, si sono registrati progressi. L’Unione europea sta impegnandosi molto. Posso aggiungere che non conosco molte altre realtà continentali in cui si lavori con tanta assiduità».

Inoltre, non è certo il Mediterraneo, oggi sotto gli occhi di tutti, il solo mare teatro teatro di queste tragedie. Accadono anche in Asia, nel Mar Cinese meridionale e in altri Paesi, così come in Africa, nell’Atlantico e nel Golfo di Aden tra Somalia e Yemen, e su entrambe le sponde del continente americano. Proprio in questi giorni, fra l'altro, c'è stata una stretta su uno dei fenomeni minatori per mare più rilevanti, quello dall'Indonesia all'Australia, una stretta contrattata con il Governo di Jakarta e con altri dell'area da quello di Canberra, un altro di quelli che in materia di respingimenti non vanno giù leggeri. «Anche noi dell’Oim – ha detto Swing a questo proposito - ce ne stiamo occupando da tempo, ma ancora non so come possiamo essere d’aiuto in questa situazione».