S’intitola Strada verso la dignità (Road to Dignity) la relazione presentata ieri dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, all’Assemblea generale. Si tratta di un documento di sintesi sugli obiettivi che la massima istituzione internazionale intende raggiungere nel prossimo quindicennio, quello che si concluderà nel 2030. Agli obiettivi di sviluppo del millennio, (Millennium Development Goals) a suo tempo dichiarati dall’Onu e da raggiungere entro il 2015, subentrano ora quelli che vengono definiti obiettivi di sviluppo sostenibile, da conseguire appunto entro il 2030 (Sustainable Development Goals post-2015).
Ma sostenibili per chi? E soprattutto come? Il concetto di sviluppo sostenibile è da anni legato soprattutto all'impostazione economica globale. Quello che risulta insostenibile, cioè, è l'uso dissennato delle risorse non rinnovabili, in particolare gas e petrolio, con conseguenze devastanti in termini di inquinamento e di cambiamenti climatici.
Ma altrettanto insostenibile è un'impostazione delle produzioni - soprattutto agricole, ma non solo – destinate non alle necessità di tutti, ma ai consumi, spesso indotti, del nord ricco del mondo, oltre che delle elites, spesso complici e depredatorio, dei devastati Paesi del sud.
Significativo è dunque che Ban Ki-moon parli di un’azione agile e inclusiva per inaugurare un’era centrata sulla persona umana, sulla tutela dei diritti e sulla protezione ambientale del pianeta. Se i Millennium Development Goals, il cui raggiungimento entro l'anno prossimo è comunque in gran parte mancato, erano concentrati soprattutto sui bisogni fondamentali — dal cibo all’acqua, dalla salute all’istruzione — i nuovi obiettivi pongono particolare attenzione sugli aspetti propriamente politici dello sviluppo e sono raccolti in cinque sezioni: dignità, persone, prosperità, pianeta, partnership e giustizia.
Il Segretario dell’Onu ribadisce comunque che è ancora lunga e in salita la strada per sconfiggere la fame e ridurre la povertà estrema, per combattere le malattie, per promuovere l’istruzione, in particolare per le ragazze. Ma anche per questi settori cruciali pone l’accento sul primato della dignità di ogni essere umano. «Abbiamo un’opportunità storica e il dovere di agire rapidamente, con coraggio e forza per garantire a tutti una vita dignitosa senza lasciare nessuno indietro», sottolinea Ban Ki-moon, ribadendo che dall’anno prossimo bisogna intraprendere un compito globale di vasta portata «per assicurare il nostro benessere futuro». A questo scopo si chiede agli Stati membri dell’Onu appunto «un’azione innovativa, inclusiva e coordinata nel negoziare l’agenda post-2015».
L'invito è necessario e pressante, ma restano forti perplessità che basti a invertire una tendenza incancrenita. Quella che cerca il privilegio e non il diritto, quella che si traduce in prevaricazione. Quella che nei nostri Paesi ricchi – probabilmente per la prima volta nella loro storia - lascia i figli in condizioni peggiori dei padri.