Oltre dieci milioni di bambini in Nigeria, un terzo del totale, non hanno accesso alle scuole. Il dato, riferito oggi dall’Unicef, il fondo dell’Onu per l’infanzia, è il più elevato tra tutti i Paesi del mondo. Inoltre, in molti dei 36 Stati che compongono la Federazione nigeriana, evasione e abbandono scolastico sono due volte più alti tra le femmine, rispetto ai maschi.Si tratta di una realtà pluridecennale nel Paese più popoloso dell’Africa di gran lunga precedente la sanguinosa sfida lanciata da cinque anni a questa parte da Boko Haram. Ciò nonostante l’azione del gruppo jihadista ha aggravato il problema, aggiungendo alle storiche motivazioni sociali ed economiche un’esplicita minaccia di morte (il nome Boko Haram fa riferimento proprio al fatto che sarebbe peccato l’educazione occidentale e più in generale non basata sulla visione dell’islam che il gruppo professa).
Particolarmente significativa — nella convinzione che l’educazione sia uno dei principali strumenti di costruzione della pace e dello sviluppo — appare quindi la decisione delle autorità dello Stato nordorientale del Borno di avviare regolarmente l’anno scolastico, nonostante la persistente minaccia di Boko Haram. Come noto, proprio nel Borno Boko Haram si è costituito e mantiene le sue principali roccaforti.
La scuola negata è una delle componenti “classiche” dei Paesi in guerra e di quelli di rifugio dei profughi. Non esiste riunione internazionale, convegno, conferenza o qualsiasi altra occasione in cui i Governi dei Paesi ricchi non promettano il massimo dell'impegno a contrastarla. A chiacchere. E intanto, sempre oggi, l'Unicef denuncia che nello Yemen, da mesi teatro di un'altra guerra, hanno già chiuso i battenti 3.600 scuole, privando dell’istruzione quasi due milioni di bambini.L'agenzia dell'Onu L’Unicef lamenta che la sua richiesta di fondi è rimasta gravemente sottofinanziata: l aveva lanciato un appello ai donatori a fornire 182,6 milioni di dollari per gli interventi nello Yemen, ma ha ottenuto meno di un sesto di questa cifra. Ma tanto se continua così il problema si risolve da solo. Ogni giorno degli ultimi cinque mesi nello Yemen sono stati uccisi in media otto bambini, e le stime prevedono che 1,8 milioni di piccoli soffriranno di malnutrizione entro la fine dell’anno.
Né l'aumento degli abbandoni scolastici è prerogativa della sola Nigeria o di quei Paesi che un po' ipocritamente definiamo in via di sviluppo. Così come non è solo Boko Haram a minacciare nelle scuole la stessa vita dei bambini. Nelle scuole pubbliche statunitensi – quelle frequentate dai più poveri ed emarginati - ci sono ormai più metal detector che lavagne, né questo basta a impedire che siano spesso teatro di stragi.
Nelle nostre si moltiplicano contro i soggetti più deboli - disabili, bambini più piccoli, ragazze – gli episodi di bullismo, le violenze “di branco”, gli stupri. E c'è chi per contrastare tutto questo, per insegnare il rispetto dell'altro, pensa che il modo migliore sia insegnare che i sessi non sono due, tre, quattro, ma qualche decina (magari tutti da sperimentare prima di decidere a quale si voglia appartenere).
Ma questa è un'altra storia, un altro aspetto del degrado di una società – e di genitori – propensa a ritenere che ai figli vada garantita la playstation e il cellulare e che questo basti. Anzi no. C'è anche il computer per andare su internet. Quella rete sulla quale questa generazione malata di “selfie” si diletta a comunicare continuamente, non si sa bene a chi, dove sta, che sta mangiando, che sta facendo, ecc. E per inciso, se ha figli, anzi giocattoli, a pubblicarne le foto in ogni momento. Tanto per non far fare troppa fatica ai pedofili che su internet vanno a caccia.