Settecento, forse mille morti. Quella consumata oggi al largo delle coste libiche è la più terrificante tra le quotidiane tragedie che si susseguono in Mediterraneo senza che che arrivino risposte efficaci dall'Europa ricca – si: ricca, indipendentemente dalle crisi economiche contingenti – e sempre più lontana dai principi di solidarietà e coesione che ne hanno permesso la ricostruzione e lo sviluppo dopo gli orrori e gli errori del primo Novecento.
Nel momento in cui scrivo queste righe, dopo una giornata nella quale ho cercato di impedirmi di vestire d'angoscia momenti di gioia familiare – un'amica e collega di New York mi avverte che Ban Ki-moon, il Segretario generale dell'Onu, si appresta a diffondere un monito all'Unione europea ad accelerare l’impegno per impedire la morte in mare di centinaia di migranti. Altrettanto ha chiesto alla comunità internazionale oggi Papa Francesco. Al tempo stesso, secondo le anticipazioni che ho avuto, Ban Ki-moon ringrazia esplicitamente l’Italia per gli sforzi fatti, in pratica da sola di fronte a quella che non più essere considerata un'emergenza contingente, ma che ha da tempo assunto la dimensione di un fenomeno epocale.
Né dal Segretario dell'Onu né dal Papa possono arrivare considerazioni su un dibattito interno italiano che, per l'ennesima volta, vede voci becere solleticare odio e razzismo. Ma certo, nessuna retta coscienza può consentire che misere considerazioni di bottega elettorale distolgano dal prendere atto della verità. E la verità è che questa tragedia epocale impone a di agire non solo per migliorare il soccorso in mare, ma anche per garantire accoglienza e protezione a questi infelici, per assicurare quel diritto d'asilo che sta inscritto nella civiltà europea.
Il timore è che, ancora una volta, l'emozione duri lo spazio di un giorno e subito tornino a prevalere quegli interessi di bottega che non riguardano solo le miserie di certe forze politiche italiane, ma percorrono da tempo un'Unione europea sempre più prona alle potenze finanziarie e sempre meno degna della sua recente tradizione sociale. Aspetto, come detto, di leggere l'intervento di Ban Ki-moon. Ma certo non si potrà discostare di molto da quanto dichiarato appena tre giorni fa dall'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr). Il suo responsabile, António Guterres era tornato a sollecitare l'Unione europea al doveroso compito di salvare le vite dei tanti infelici costretti ad avventurarsi in condizioni terribili nel Mediterraneo per sfuggire alla guerra e alla fame che devastano i loro Paesi. Al tempo stesso, Guterres aveva criticato pesantemente l'operazione Triton, affidata a Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere, subentrata alla fine dello scorso anno a quella italiana Mare nostrum, con un diverso e soprattutto meno incisivo mandato. Contrariamente a quella italiana, infatti, Triton ha un raggio d'azione all'interno delle acque territoriali europee, sebbene nessuna unità navale possa comunque sottrarsi all'obbligo, da sempre parte della legge del mare e ribadito da tutte le convenzioni internazionali, di dare priorità al salvataggio di vite umane. «Purtroppo Mare Nostrum non è mai stata sostituita da un’operazione di salvataggio equivalente, e allo stesso tempo mancano vie legali di ingresso in Europa per quanti necessitano di protezione», aveva denunciato il responsabile dell'Unhcr,.