Decine di morti — cinquanta secondo i bilanci più prudenti — un numero ancora imprecisato di feriti, centinaia di case crollate, numerose infrastrutture distrutte o danneggiate costituiscono il tragico bilancio delle piogge torrenziali di questa settimana. Sembra – per fortuna morti a parte – una cronaca italiana. Il disastro in questione, invece, è accaduto a Bujumbura, la capitale del Burundi. La situazione è particolarmente grave nei quartieri popolari a nord della città, Kamenge, Kinama e Buterere, rimasti senza energia elettrica, acqua potabile e difficilmente raggiungibili. Il ministro della Sicurezza pubblica, il generale Gabriel Nizigama, dopo avere visitato le zone più colpite, ha riferito altresì che le due strade principali che collegano Bujumbura alla Repubblica Democratica del Congo e al Rwanda sono chiuse al transito a causa rispettivamente del crollo di un ponte e di fiumi di fango. Il ministro ha aggiunto che non viene tralasciato alcuno sforzo per soccorrere le popolazioni. Anche in questo le somiglianze con le vicende italiane non mancano: analoghe espressioni si ripetono occasione dopo occasione, senza che alle parole corrispondano fatti adeguati.
Bujumbura si trova in una conca circondata da montagne. Quando forti piogge cadono in così poche ore le inondazioni sono abituali, così come le frane. La stampa locale sottolinea, peraltro, che al di là della particolare posizione geografica e geologica di Bujumbura, che la espone a rischi ambientali, a rendere la situazione drammatica è la costruzione senza regole degli edifici, soprattutto per quanto riguarda i materiali utilizzati.
Anche in questo, le somiglianze con la situazione italiana non mancano, anche se dalle nostre parti c'è più “democrazia distributiva” . Le irregolarità edilizie, infatti, non riguardano solo le case dei poveri. Oltretutto, da noi prevale il cemento sui mattoni di fango.
In ogni caso, in Burundi ovviamente, c'è da dire che piove, governo ladro.