In un mondo nel quale oltre un sesto della popolazione non ha di che nutrirsi, mentre si sprecano ogni anno alimenti per un valore di oltre duemila miliardi di euro, la fame è un delitto sociale. L’obiettivo di cancellare la fame dichiarato dall’Onu non sarebbe un’utopia se la lotta alla malnutrizione venisse davvero assunta come priorità assoluta dall’intera comunità internazionale. Perché la fame non è una condizione ineluttabile, ma sempre il risultato di politiche sbagliate o non efficaci. Su questa realtà — più volte unanimemente denunciata, ma mai contrastata con la necessaria energia — sono chiamati a esprimersi i Paesi che partecipano alla seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione (Icn2) nella sede dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) a Roma, dal oggi a venerdì. All'’incontro che arriva ventidue anni dopo la prima Icn, quella sempre a Roma del 1992, parteciperà domani Papa Francesco.
La conferenza è chiamata ad approvare un documento finale politico, la Dichiarazione di Roma, accompagnato da uno su un quadro operativo volontario per attuarne i principi. Entrambi sono stati messi a punto dopo lunghi negoziati tra i Paesi aderenti alla Fao e all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che organizzano la conferenza e che hanno comuni obiettivi. La lotta per garantire il diritto all’alimentazione si intreccia infatti con evidenti aspetti sanitari, se non altro per la stridente contrapposizione tra le aree del mondo dove si muore di fame e quelle dove tra le principali cause di morte c’è un’alimentazione eccessiva o sregolata.
Il quadro operativo volontario, presentato alla vigilia dell’incontro da Brian Thompson, coordinatore del segretariato dell’Icn2, comprende oltre sessanta raccomandazioni volte a garantire a tutti l’accesso a un’alimentazione più sana. L’intenzione è ottenerne l’approvazione prima ancora di avviare la discussione sulla Dichiarazione di Roma, la cui bozza ne recepisce comunque le indicazioni. Di entrambi i documenti Thompson ha sottolineato la spinta per un’azione efficace e per il rafforzamento dei sistemi alimentari sostenibili. Questo include sia politiche di tutela ambientale e di contrasto dei cambiamenti climatici, sia azioni di protezione sociale come gli investimenti in favore dei piccoli coltivatori e la tutela dell’accesso alle risorse idriche e ai servizi igienici e sanitari.
Al tempo stesso si sollecitano adeguate riforme del commercio internazionale. Particolare enfasi è posta sui meccanismi di monitoraggio messi dalla Fao e dall’Oms a disposizione di ciascun Paese. Componente cruciale dei documenti è anche la raccomandazione rivolta ai Governi nazionali di definire propri percorsi per raggiungere gli obiettivi.
Gli organizzatori dell’Icn2 chiedono di rivedere gli schemi di produzione, commercio e distribuzione delle risorse alimentari in un mondo che in questi ventidue anni, quelli della globalizzazione, ha visto sì dei successi parziali nei diversi campi della promozione umana, ma più spesso ha dovuto registrare sconfitte. La globalizzazione, infatti, si è affermata solo in minima parte nella tutela dei diritti umani e nella cura delle esigenze primarie, a partire da salute, casa e lavoro. Si è imposto invece uno strapotere della finanza che paralizza i necessari interventi nell’economia reale e, di conseguenza, inficia lo sviluppo.
Secondo i responsabili della Fao e dell’Oms, gli strumenti individuati dall’Icn2 possono offrire un importante contributo per dare coerenza alle politiche internazionali, regionali, nazionali e locali nel campo della nutrizione. Un contributo cioè a un partenariato per lo sviluppo davvero globale. «Concordare un quadro operativo volontario manda un segnale forte al mondo: gli Stati membri si impegnano seriamente sul problema della nutrizione», ebbe a dire il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, annunciando l’intesa con l’Oms alla vigilia della Giornata mondiale dell’alimentazione dello scorso 16 ottobre. La speranza è che stavolta quel “volontario” — un’espressione che nel diritto internazionale si è troppo spesso tradotta in “improbabile” o “tralasciato” — significhi davvero concorso di volontà ed effettiva determinazione.