Le piaghe di Dio ci sono ancora. Cristo risorto le ha conservate. La Chiesa deve spogliarsi di ogni mondanità, della paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, della tranquillità apparente che danno le strutture. Dobbiamo farci strumenti di pace, come Francesco d'Assisi che andò in Terra santa dal Saladino in epoca di crociate. Si può a ragione sintetizzare in questi tre aspetti la visita, o meglio il pellegrinaggio sulle orme del Santo fatto oggi ad Assisi dal primo Papa che ha voluto assumerne il nome. Al momento in cui queste righe vengono scritte, si è appena conclusa la Messa e il Papa è andato a pranzo, senza il suo seguito, con i poveri della mensa della Caritas diocesana. Nel pomeriggio sono previsti altri incontri, a Santa Chiara, a San Damiano, nell'Eremo delle Carceri, a Santa Maria degli Angeli. E altre parole del Papa racconteranno il cammino di San Francesco, ottocento anni fa come ora. Ma già le prime tre soste, al Seraficum, al Vescovado e nella piazza della basilica di San Francesco per la Messa, rendono il senso di questa giornata.
Il primo luogo che ha accolto il Papa è stato l'istituto Seraficum, dove vengono curati bambini e ragazzi con gravi disabilità. Papa Francesco si è soffermato accanto a ciascuno di loro, rivolgendo a quelli che possono vedere e sentire sorrisi e parole di conforto e d'amore, e parlando agli altri il linguaggio delle carezze. Poi ha tralasciato, come fa spesso, il discorso previsto e ha parlato a braccio. Ha ricordato che bisogna mettere al centro dell'attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate e che invece le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. «La società purtroppo è inquinata dalla cultura dello scarto, che è opposta alla cultura dell'accoglienza – detto – e le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili». Il Papa ha detto che nella resurrezione il corpo di Cristo è bellissimo, non mostra i lividi, il sangue. Ma i segni delle piaghe, quei segni, quelle stimmate che Francesco d'assisi ha avuto sulle sue sue mani, sui suoi piedi, sul suo costato, sono per l'eternità il segno del Risorto. Al Seraficum si fa l'adorazione dell'Eucarestia. «Anche questo pane ha bisogno di essere ascoltato perché è Gesù presente e nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane – detto Papa Francesco -. E qui Gesù è nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone. Noi cristiani adoriamo la carne di Gesù, in loro troviamo le piaghe di Gesù. Gesù nascosto nell'Eucaristia, nascosto in queste piaghe ha bisogno di essere ascoltato».
Poco dopo, al Vescovado, nella sala della spoliazione di San Francesco, il Papa ha concentrato il suo intervento sulla mondanità spirituale e sui danni che provoca nell'uomo la brama del denaro, chiedendo umaltà e stile autentico di povertà per la Chiesa, «povera e peri poveri». E ha ricordato che «non possiamo fare un cristianesimo più "umano", senza croce o senza Gesù, senza spoliazione: così diventeremmo cristiani di pasticceria, delle cose dolci, magari bellissime, ma non cristiani davvero». Occore quindi «spogliarsi dell'io orgoglioso e distaccarsi dalla brama di avere, dal denaro, che è un idolo che possiede». «Per questo - ha aggiunto - dobbiamo imparare a stare con i poveri, condividere con chi è privo del necessario, toccare la carne di Cristo». Perché la Chiesa non può farsi coinvolgere nel rimprovero alla cecità del mondo, al quale «non importa se c'è gente che deve fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà e con quanto dolore tante volte vediamo che trovano la morte», con un riferimento esplicito alla tragedia accaduta ieri a Lampedusa.
E su questo argomento il Papa è tornato anche durante la messa che ha celebrato nella piazza antistante la basilica di San Francesco, dopo essersi raccolto in preghiera sulla tomba del Poverello. Dopo aver usato ieri la parola «vergogna» per la tragedia dei migranti morti a Lampedusa, Papa Francesco ha definito quello di oggi «un giorno di pianto». Nella festività del Santo patrono d'Italia, il Papa che ha voluto il nome ha pregato «per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide». E il suo sguardo si è allargato al mondo, con l'invocazione che cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, che tacciano le armi», e si ascolti il «grido di chi soffre e muore per il terrorismo e le guerre, specie in Siria, nella Terra Santa tanto cara a Francesco d'Assisi, nel Medio Oriente, in tutto il mondo.