Sovranità è una parola difficile da coniugare al plurale e, infatti, l'unico modo per farlo è usare gli articoli – la sovranità, le sovranità – visto che è indeclinabile. Per i migranti, invece, il plurale va benissimo (magari esagerando i numeri). E per l'Unione europea va ancora meglio, dato che contano più gli Stati che il Parlamento di Strasburgo o la Commissione di Bruxelles. Se ne ha una prova, se mai ce ne fosse bisogno, dalla questione dell'immigrazione e dell'asilo. Si susseguono nei diversi consessi istituzionali dell’Unione europea le dichiarazioni d’impegno per scongiurare nuove tragedie come quella di Lampedusa del 3 ottobre e quella nel Canale di Sicilia dell’11, ma al momento non si registrano sostanziali cambiamenti riguardo all’assenza di una vera politica comunitaria in materia. L’unica decisione presa ieri a Lussemburgo dal Consiglio dei ministri degli Esteri, in vista del vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo di domani e venerdì a Bruxelles, è stata l’adozione dell’European Border Surveillance System (Eurosur). Si tratta di un programma tecnico per consentire agli Stati membri che effettuano operazioni di sorveglianza delle frontiere, sulle quali mantengono competenza esclusiva, di condividere informazioni e cooperare con Frontex, , l’agenzia europea sulle frontiere per ridurre il numero di migranti irregolari e i traffici illegali. Eurosur entrerà in vigore dal prossimo 2 dicembre per i Paesi del sud e dell’est dell’Ue e dal 1° dicembre 2014 per tutti gli altri Stati membri.
Ma in svolte sostanziali dal vertice di domani e dopodomani è meglio non contare troppo. Al più, ci sarà qualche decisione operativa nell'ambito del cosiddetto vicinato meridionale. L'argomento, infatti, sarà affrontato all'interno della discussione sulla Libia. La situazione del Paese nord-africano, dopo le recenti nuove turbolenze, era già all’ordine del giorno e in questo contesto i ministri collocano il problema degli sbarchi e delle reti criminali che usano la Libia come una delle basi di partenza dei natanti. In parole povere è sempre il solito “aiutiamoli a casa loro, così non vengono”, che di per se stesso sarebbe pure giusto, ma che all'atto pratico non ha mai funzionato.
Anche ora, dunque, la questione immigrazione entra nella politica estera e di sicurezza comune dalla porta di servizio, dato che i Trattati europei lasciano il controllo delle frontiere all’esclusiva competenza dei singoli Stati. In merito, sia la Commissione europea, sia una dichiarazione adottata oggi dal Parlamento di Strasburgo non riportano novità, limitandosi a sollecitare un uso più efficiente delle politiche e degli strumenti esistenti, compreso Frontex. Come noto, però, tra i Governi europei ci sono profonde divergenze sul modo di definire queste politiche e usare questi strumenti.
Nel frattempo, le forze di sicurezza del Marocco hanno impedito stamattina a un gruppo di cinquanta migranti subsahariani di forzare il confine dell’enclave spagnola di Ceuta, in territorio appunto marocchino. La Guardia civil spagnola dell’enclave ha rinforzato il presidio, ma non è intervenuta. La settimana scorsa, ci furono diversi feriti tra i poliziotti marocchini e i circa trecento migranti che avevano tentato di attraversare il confine. Un analogo tentativo a Ceuta e nell’altra enclave di Melilla, fu respinto il 17 settembre dalla Guardia civil.
Comunque, è un problema della Spagna, né si registrano iniziative di sostegno da Italia e Malta, gli Stati maggiormente alle prese con i barconi in Mediterraneo, magari con l'offerta di accogliere parte di quegli infelici. E se Malta è un posto piccolo, lo stesso non vale per l'Italia che, lamentazioni a parte, non è alle prese con un'emergenza, ma con le conseguenze di politiche che hanno puntato da almeno un ventennio a questa parte quasi sempre sul respingimento e non sull'accoglienza. Del resto, l'Italia «ha solo 260 rifugiati per milione di abitanti, mentre la Germania ne ha 946», ha detto all’ultimo Consiglio degli Affari interni il ministro tedesco Hans-Peter Friedrich.
Il punto è che sovranità, lungi dall'essere una parola declinabile al plurale, in Europa non riesce neppure ad avere una dimensione veramente collettiva.