Ci risiamo. Ci risiamo con le statistiche basate su parametri finanziari che non tengono conto dell'economia reale, quella che per centinaia di milioni di persone è fatta di miseria e fame. Sarà solo una battuta – quella del fatto che se io mangio un pollo e tu non mangi proprio abbiamo mangiato mezzo pollo per ciascuno – ma ci sono istituzioni che sembrano volerla rendere una tragica realtà.
Anche perché nelle loro statistiche spesso cambiano i parametri. È il caso delle ultime proiezioni diffuse oggi dalla Banca mondiale, secondo la quale, entro la fine dell’anno il numero delle persone che vivono sotto la soglia di povertà estrema scenderà per la prima volta da quanto si tiene il conteggio, cioè dal 1990, a una percentuale inferiore a un decimo della popolazione mondiale. La soglia in questione è stata portata a 1,90 dollari al giorno per persona da 1,25. Il che farebbe pensare che si sia tenuto conto del reale potere d'acquisto.
Il che, però, è vero solo in quei Paesi dove la disponibilità di cibo è effettiva. E in ogni caso, anche nei Paesi meno devastati oggi due dollari valgono molto meno di quanto ne valesse uno nel 1990. Del resto, lo stesso presidente della Banca, Jim Yong Kim, indipendentemente dai toni trionfalistici usati, ha ammesso che le proiezioni sono tracciate soprattutto in base ai dati della Cina. Dati che riguardano il prodotto interno lordo (pil). Come più volte, anche di recente, mi è capitato di ricordare, il pil ha ben poco a vedere con il “prodotto umano”. Ma repetita iuvat: con sistemi di misurazione troppo condizionati dalle statistiche ufficiali e dunque fuorvianti, capita normalmente che se aumentano i prezzi delle materie prime cresce pure il pil, ma di solito la povera gente sta peggio di prima.
D'altronde a fare il mio mestiere s'impara non solo a fare le bucce alle dichiarazioni ufficiali, ma anche a confrontare tra loro i diversi rapporti. Sempre oggi, un rapporto della Federazione internazionale della Croce rossa e mezzaluna Rossa, ha segnalato che circa sessanta milioni di persone dell’Africa sub-sahariana sono a rischio grave di morte per fame. E che vi sono «forti indizi» di una situazione destinata a peggiorare. Il rapporto sollecita «un aumento del sostegno per alleviare la carestia e prepararsi a un peggioramento delle condizioni degli agricoltori». Per non parlare di quanto ricordato in queste ore dall'Unicef, il fondo dell'Onu per l'infanzia, cioè che oltre duecento milioni dii bambini nel mondo soffrono di qualche forma grave di malnutrizione.