La condizione dell'infanzia in Africa resta drammatica, ma il continente è diventato nell'ultimo quinquennio un posto leggermente migliore per i bambini e soprattutto per le bambine. Si sono infatti registrati significativi passi in avanti nella tutela dell’infanzia e della parità di genere, compresi negli obiettivi di sviluppo del millennio a suo tempo fissati dall’Onu. Il risultato è tanto più significativo in quanto raggiunto in un contesto segnato dalle ripercussioni della crisi finanziaria mondiale, particolarmente pesanti proprio nel sud del mondo.
La valutazione emerge dai dati del rapporto diffuso questa settimana dall’African Child Policy Forum (Acpf), un centro studi con sede ad Addis Abeba, del quale dà notizia la Misna, l’agenzia internazionale delle congregazioni missionarie. I ricercatori dell’Acpf hanno raccolto e messo a confronto le statistiche sulla mortalità infantile e quelle sulla frequenza scolastica raccolte in 52 Paesi.
Il rapporto, che aggiorna studi del 2003 e del 2008, certifica come tra il 2000 e il 2011 la quota delle bambine che frequentano le scuole elementari sia aumentata dal 41 all’83 per cento in Etiopia e dal 35 al 78 per cento in Angola. A livello continentale, oggi, la media è del 78 per cento per le bambine e dell’83 per cento per i loro coetanei maschi. Nel primo decennio del millennio, dunque, si è quasi azzerato un divario che aveva proporzioni gigantesche.
Molto spazio è dedicato dal rapporto al calo della mortalità infantile. In quest’ambito i progressi maggiori sarebbero stati ottenuti da Rwanda e Liberia, Paesi in grado tra il 2008 e il 2011 di ridurre i decessi dei bimbi con meno di cinque anni rispettivamente del 52 e del 47 per cento. Ma la tendenza al miglioramento è globale. Di recente, anche l’Unicef, il Fondo dell’Onu per l’infanzia, ha calcolato che tra il 1990 e il 2012 il numero dei casi di mortalità infantile in Africa si è dimezzato, passando da dodici a sei milioni.
Gli esperti dell’Acpf sottolineano che i progressi più significativi in tutti i settori dello sviluppo umano sono stati ottenuti dai Governi che hanno dimostrato volontà politica e non necessariamente da quelli dotati di maggiori risorse economiche e finanziarie, a conferma che le condizioni delle popolazioni dipendono in gran parte dai modelli di sviluppo adottati. Il dato riguarda tanto l’Africa settentrionale quanto quella subsahariana. In cima alla lista dei Paesi definiti virtuosi dal rapporto dell’Acpf figurano così Sud Africa, Tunisia, Egitto, Capo Verde, Rwanda, Lesotho, Algeria, Swaziland e Marocco. Valutazioni negative il rapporto dà invece delle situazioni in Ciad, Eritrea, São Tomé e Príncipe, Zimbabwe, Isole Comore, Repubblica Centroafricana (anche prima del colpo di Stato dello scorso marzo), Camerun, Repubblica Democratica del Congo e Mauritania.
In ogni caso, gli sforzi per far uscire tanta parte dell’Africa dal sottosviluppo sono ancora ampiamente insufficienti. Nel presentare il rapporto, il direttore dell’Acpf, Théophane Nikyèma, ha sottolineato che a fronte della riduzione della mortalità infantile e dell’aumentata frequenza scolastica, a ostacolare il benessere dei bambini restano «fame, malnutrizione, mancanza di assistenza sanitaria e abbassamento della qualità dell’istruzione».
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Aumenta la frequenza scolastica
un po più
delle bambine
21 novembre 2013 |