L'Olimpiade
dell'apertura cinese
L'ottavo giorno dell'ottavo mese dell'ottavo anno di questo millennio, l'8 agosto 2008, incominciano a Pechino i Giochi della xxix Olimpiade dell'era moderna. Questa concatenazione di numeri è stata espressamente voluta dagli organizzatori cinesi dato che in Cina l'8 è considerato un numero fortunato. E di buoni auspici ha certo bisogno questa edizione dei Giochi, non tanto e non solo per quanto rappresenta in termini sportivi, ma per il suo significato sociopolitico generale, perché "la Cina oramai è aperta", come ha detto lunedì scorso il cardinale Tarcisio Bertone, rifacendosi a quanto affermato dal Papa nell'Angelus del giorno prima a Bressanone.
Su questa impostazione concordano le dichiarazioni dei massimi rappresentanti sia del Governo cinese sia dello sport mondiale. "Continueremo a perseguire riforme complessive, comprese riforme del sistema politico". In questo modo, pesando le parole una ad una, il presidente cinese Hu Jintao ha spiegato nei giorni scorsi che la Cina vede questa Olimpiade come un momento di passaggio verso aperture più importanti, "... accelerare la costruzione di un Paese moderno, realizzare il grande rinascimento dei cinesi e cercare un progresso pacifico, una coesistenza amichevole e uno sviluppo armonioso con i popoli del mondo".
Hu ha sottolineato che questi Giochi appartengono al "popolo cinese e più significativamente ai popoli di tutto il mondo" e che il Governo ha lavorato con sincerità per onorare gli impegni presi con il Comitato internazionale olimpico (Cio), ma anche "perché la Cina cresca nel futuro". Nelle stesse ore, il Comitato olimpico di Pechino 2008 ha annunciato che erano stati sbloccati molti dei siti internet normalmente oscurati in Cina. Ne rimangono però oscurati diversi, come quello della setta anticomunista dei Falungong o quelli di alcuni gruppi di tibetani in esilio, ostili al Governo di Pechino. Secondo l'associazione della stampa estera a Pechino, le condizioni "sufficienti e convenienti" di accesso a internet offerte dal Governo, sono al di sotto della promessa fatta al Comitato olimpico internazionale (Cio) di "completa libertà" alla stampa. Nel 2001, quando la Cina ottenne l'assegnazione delle Olimpiadi del 2008, Wang Wei, Segretario generale del Comitato promotore di Pechino 2008, affermò: "Garantiremo completa libertà d'informazione. Abbiamo fiducia nel fatto che i Giochi non solo promuoveranno la nostra economia, ma miglioreranno tutte le condizioni sociali, compresa l'educazione, la salute e i diritti umani". In merito, tuttavia, le principali organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti dell'uomo avanzano riserve.
La città che ospita i giochi è diversa da quella conosciuta da abitanti e visitatori fino ad appena un paio di anni fa. I 31 impianti delle gare - con in testa lo stadio "Nido d'uccello" da centomila posti, già diventato il simbolo di questa Olimpiade, e il palazzetto del nuoto ricoperto di pannelli lucidi gonfiabili - sono pronti; tre nuove reti metropolitane sono state disegnate, finanziate e realizzate a tempo record e trasportano milioni di persone dal nord al sud e dall'est all'ovest della sconfinata metropoli; il terzo terminal dell'aeroporto è concluso, l'immenso teatro dell'Opera a forma ovoidale è stato inaugurato, così come il grattacielo della televisione di Stato. Quindici architetti internazionali hanno firmato opere urbanistiche che hanno cambiato la capitale dal volto imperiale e feudale, la quadrata e popolare Pechino, in una città diversa, aggressiva, d'avanguardia. A Pechino i cambiamenti sono stati molto più rilevanti che ad Atene, a Sydney, ad Atlanta, a Barcellona o a Los Angeles, precedenti sedi dei Giochi.
Ma tutto questo è soprattutto immagine. La sostanza si valuterà una volta spenti i riflettori sulla cerimonia conclusiva dei Giochi. In qualche modo, forse, il modello del prossimo futuro della Cina è però già in questa Olimpiade.
Su questioni delicate, ma affrontate in maniera non pregiudizialmente ostile ci può essere apertura, come accade con alcune associazioni internazionali per la tutela dei diritti umani o con la stampa internazionale. Altre, come la vicenda del movimento di Tiananmen nel 1989, sono in una zona di confine. Verso alcuni movimenti o gruppi, come i Falungong o alcune organizzazioni tibetane all'estero, permane chiusura.
Di "un evento storico per il movimento olimpico" ha parlato comunque Jacques Rogge, presidente del Cio, aprendo lunedì scorso a Pechino la 120ª sessione dell'assemblea generale dell'organismo.
"Il solo fatto che i Giochi arrivino in Cina, il Paese che ospita quasi il 20 per cento della popolazione mondiale, è significativo", ha detto Rogge, evitando di soffermarsi su argomenti "scomodi" e limitandosi a fare riferimento ad "alcune sfide". "Penso che questi Giochi saranno storici - ha ripetuto - e sono fiducioso per il futuro: lasceranno una grande eredità alla Cina. Il ruolo della Cina come organizzatrice delle Olimpiadi ha aperto una finestra sul Paese più popolato del pianeta".
Rogge ha quindi diffuso le cifre che fanno di Pechino 2008 un'edizione da record: 205 Nazioni rappresentate, 45 per cento di donne tra gli atleti iscritti, 4500 test antidoping e nuove misure per contrastare il fenomeno delle scommesse clandestine.
Anche sul piano propriamente sportivo, la rivelazione "annunciata" è quella dell'irruzione della Cina in modo massiccio nei medaglieri olimpici. Secondo i tecnici, la Cina dovrebbe superare per numero di medaglie d'oro gli Stati Uniti, che hanno monopolizzato tutte le ultime edizioni, quelle seguite alla dissoluzione dell'Unione Sovietica.
E molti commentatori negli atleti cinesi ritrovano l'immagine di un Paese moderno che cresce a ritmo vertiginoso.
(©L'Osservatore Romano 7 agosto 2008)
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